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Logistica italiana: fanalino di coda
07.10.2025
La logistica è da sempre una leva strategica per la competitività di un Paese. In Italia, però, il settore continua a essere caratterizzato da ritardi e mancanza di visione. Secondo Paolo Uggè, presidente di Fai Conftrasporto, il nostro Paese rimane fermo al 19° posto nel Logistic Performance Index, incapace di colmare il divario con i principali competitor europei.
Un problema di governance, non solo di infrastrutture
Alla base di questa stagnazione non c’è soltanto un deficit infrastrutturale, ma soprattutto la mancanza di una politica dei trasporti chiara e strategica. La chiusura della Consulta del trasporto e della logistica e l’assenza di un Piano Generale aggiornato hanno privato il settore di una guida condivisa tra istituzioni e imprese. Il risultato? Decisioni frammentate e incapacità di programmare interventi di lungo periodo.
Reti congestionate e nodi critici
Gli effetti di questa assenza di visione sono tangibili nella vita quotidiana di chi opera nel settore:
- la rete stradale che collega porti e interporti è spesso congestionata, con ritardi medi superiori ai 30 minuti,
- i principali porti italiani (Genova, Trieste, Napoli, Gioia Tauro) lavorano al limite della capacità,
- altri scali strategici come Taranto e Cagliari rimangono sottoutilizzati,
- il trasporto ferroviario merci, fondamentale per ridurre traffico ed emissioni, è in crisi sul piano nazionale, pur mostrando segnali positivi sull’internazionale.
Questa situazione compromette l’efficienza della supply chain, aumentando i costi e riducendo la competitività delle imprese.
Il nodo dei valichi alpini
Un capitolo cruciale riguarda i corridoi alpini, attraverso cui transita l’87% dell’interscambio merci italiano. Di questo traffico, il 68% viaggia ancora su gomma e solo il 32% su ferrovia. Eventuali interruzioni in questi passaggi si traducono in danni economici immediati per il sistema produttivo nazionale.
Blocchi al Brennero, chiusure programmate al Monte Bianco e restrizioni al Gottardo mostrano quanto il sistema sia fragile e dipendente da fattori esterni.
Una strategia nazionale ed europea
La soluzione, sottolinea Uggè, non è costruire nuove infrastrutture isolate, ma definire una strategia complessiva, nazionale ed europea, che punti su:
- sviluppo dell’intermodalità,
- migliore accessibilità alle infrastrutture esistenti,
- garanzia della libera circolazione di merci e persone.
Serve una governance forte, capace di tradurre gli investimenti in risultati concreti, superando burocrazia e lentezze decisionali.
Conclusione: dall’Italia »disconnessa« all’Italia integrata
Il quadro tracciato è critico, ma non privo di speranza. La logistica italiana ha un potenziale enorme, legato alla posizione geografica e alla centralità nei traffici del Mediterraneo. Per liberarlo occorre però un cambio di passo: mefno slogan, più azione; meno frammentazione, più visione.
Il futuro della logistica non può essere quello di un’Italia »fanalino di coda«, ma quello di un Paese capace di connettersi in modo efficiente con il resto d’Europa e del mondo.